MODA

Bambini alla moda

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I vestiti per bambini stanno diventando una parte sempre più importante del mercato della moda in tutto il mondo: non si tratta solo di un aumento delle vendite ma anche di un interesse sempre maggiore da parte dei marchi più importanti. Nel 2015 l’abbigliamento per bambini ha raggiunto un fatturato complessivo di 135,6 miliardi di euro, secondo Euromonitor; nel 2010 era stato pari a 122,1 miliardi. Nel frattempo, come scrive la rivista Business of Fashion, i vestiti per bambini sono sempre più influenzati dalla moda, mentre la praticità e la comodità sono passate in secondo piano. Questo aspetto è incentivato dalle catene di abbigliamento fast fashion come Zara e H&M e dai social network dove mamme più o meno famose pubblicano continuamente immagini dei figli con vestiti graziosi e ricercati. Il risultato è che disegnare vestiti per bambini è diventato un lavoro sempre più creativo e redditizio, a cui si sono interessati sempre più stilisti e case di moda importanti, anche perché il mercato è in espansione e nessuna azienda ne controlla più del tre per cento.

H&M, Zara e Uniqlo sono, insieme ad Adidas, le aziende che vendono più vestiti per bambini: il meccanismo è quello classico della fast fashion, per cui i negozi propongono ogni settimana qualcosa di nuovo, che deve essere per forza alla moda e desiderabile per invogliarne l’acquisto. Negli Stati Uniti e in Regno Unito sempre più catene di supermercati hanno realizzato capi per bambini a prezzi addirittura inferiori. A parte Christian Dior, che ha una linea per bambini dal 1967, la maggior parte dei marchi di alta moda non si occupa da molto di vestiti per l’infanzia, per esempio Dolce & Gabbana, Fendi e Gucci hanno collezioni apposite dagli anni Novanta. A volte le collezioni per bambini riprendono quelle per adulti (come per Balmain), ma nella maggior parte dei casi sono semplici e commerciali, come può esserlo una maglietta con il logo del marchio. Dior è l’unica azienda a realizzare una linea molto costosa anche per bambini: le Exclusive Collections sono fatte di dieci capi di abbigliamento che costano migliaia di euro.

Non ci sono aziende che dominino il mercato ed è quindi facile per i nuovi marchi riuscire a distinguersi, anche per quelli che non provengono da paesi dove il mercato della moda è storicamente più forte. Business of Fashion fa l’esempio del marchio spagnolo Bobo Choses, nato nel 2008, e delle stiliste belghe Caroline Bosmans e Anne Kurris, che dirigono due linee proprie. Secondo l’analisi di Business of Fashion, un altro fattore che ha reso più innovative le collezioni di moda per bambini è la tendenza a non realizzare più vestiti fortemente connotati dal genere dei bambini (per esempio facendo vestiti rosa per le bambine): per questa ragione oggi le collezioni sono neutre e molto più varie.

Anche in Giappone e in Corea del Sud ci sono nuovi marchi che propongono abiti più creativi, ad esempio il giapponese East End Highlanders.

Un’altra tendenza che ha influenzato il mercato dei vestiti per bambini è quella comune al mondo della moda in generale, per cui c’è stata una polarizzazione: hanno molto successo i marchi di lusso da un lato e quelli low cost dall’altro. Aziende di abbigliamento per bambini storiche come la francese Bon Point, l’italiana Mimisol e la britannica Caramel and Baby si sono espanse sul mercato cinese e in quello degli Emirati Arabi Uniti. Nel 2015 il mercato dell’abbigliamento per bambini nell’area del Pacifico valeva 44,1 miliardi di euro, e si pensa che nel 2020 possa raggiungere i 65,1 miliardi. Tutte queste aziende stanno in generale ampliando la loro produzione, chi producendo abiti più casual e non solo adatti alle occasioni formali e alle cerimonie, chi proponendo anche una linea per adolescenti, come Bon Point.

 




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