MOTO

Prova Harley-Davidson 883 iron

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Harley Davidson 883 Iron  non rappresenta l’immaginario comune e classico delle grandi moto “maschie e cazzute” di Milwaukee; è piccola e minuta, ma nella nuova versione Iron uscita ad agosto 2013 che abbiamo provato, sfoggia una grinta da vendere, almeno nell’aspetto. Il look, docile e minimale fino a qualche anno fa, cambia notevolmente diventando grintoso grazie alla grande quantità di nero e alla sostituzione delle cromature con una verniciatura che richiama il colore del ferro, da qui il nome Iron: teste, cilindri e coperchi valvole sono, infatti, verniciati a polvere nera.

Da ferma, l’Iron 883 esprime un certo fascino nella sua compattezza, essenzialità e cura dei particolari. La linea è armonica e non ti aggredisce come molte Harley tradizionali; molta poca plastica (se non per i cablaggi obbligatori) e molto metallo e alluminio. Il piccolo serbatoio “peanut” è carino da vedere, ma i suoi 12,5 litri di capacità sono pochi e ti obbligano a molte soste.

Sul lato destro della moto fuoriesce il doppio scarico sfalsato e gemellato dal quale escono i battiti del bicilindrico Evolution a V da 883cc raffreddato ad aria montato su supporti elastici, per cui le vibrazioni si fanno sentire. La coppia non è elevata (70Nm), ma essendo disponibile dai regimi più bassi la guida è facile per tutti e si adatta perfettamente al tipo di moto e al suo cliente ideale. Per quanto riguarda i cerchi, l’Iron predilige un massiccio 13 razze in lega di alluminio, rigorosamente nero, che la fanno sembrare ancora più attaccata al suolo. Il prezzo parte da 10900 euro chiavi in mano  per poi salire aggiungendo una miriade di accessori tra selle, pedane, schienali, portapacchi, borse laterali, protezioni e coperture decorative.

Salendo in sella percepisco subito molto comfort e mi stupisco della seduta, che è ben modellata e scavata per accogliere al meglio il pilota, diversamente dal sellino posteriore che mette alla prova il passeggero ma se si desidera farsi portare su una Harley sfilando tra la gente, si deve anche soffrire: la moto nasce di serie monoposto. La strumentazione, che comprende un tachimetro circolare e le classiche spie di segnalazione, è essenziale, chiara, leggibile e facilmente raggiungibile. Le braccia sono ben distese per raggiungere il manubrio e le pedane abbastanza avanzate. La moto, per le sue dimensioni, è pesante (260 kg), ma si gestisce con facilità grazie al baricentro basso e alla sella posta a soli 735 mm da terra. Ho incontrato qualche difficoltà nel trovare il cavalletto laterale stando in sella.

A questo punto circuito elettrico su RUN, piccola pressione sul pulsante START, frizione giù e innesco la prima con un bello “stoc” meccanico che accompagna il gesto e fin da subito capisco che il cambio è, come da tradizione, duro, legnoso e rumoroso. I 5 rapporti (bastano e avanzano) sono molto lunghi. La frizione è morbida e la trasmissione a cinghia, precisa, è senza giochi e poco rumorosa. Dopo pochi km la moto diventa già mia grazie alla facilità di guida. Sui tratti urbani in mezzo al traffico emerge siala spinta ai bassi regimi del bicilindrico a V che l’agilità data dal baricentro basso con l’ottima distribuzione dei 260 kg che tengo sempre sotto controllo con il manubrio ampio e largo. In autostrada, dopo aver spinto con grande divertimento dopo il casello, il bicilindrico a V paga un po’ nell’allungo e anche le vibrazioni tendono a farsi sempre più presenti. Non mi sarebbero dispiaciuti un po’ di cavalli in più, ma in questo caso sarei stato su un’altra moto.

Tra le curve, nel misto mi accorgo della facilità di guida della baby roadster, riesco a inclinarla e cambiare direzione in modo naturale; le sospensioni, non particolarmente morbide per la corsa corta, mi assecondano senza problemi nella distribuzione dei pesi ma mi richiamano sull’attenti sulle superfici sconnesse specialmente in curva. Non fatevi prendere troppo la mano, le pedane e la marmitta sono a portata di asfalto e toccano terra molto presto (30°). La coppia brillante ai bassi regimi mi permette di disegnare bene le curve in entrata e soprattutto in uscita senza sovraccaricare il cambio; non serve scalciare con il comando del gas né strappare con il cambio anche perché i freni sono sufficienti nell’uso normale. Rispetto al passato HD ha aumentato le dimensioni dei dischi e aggiunto una pinza anteriore più potente con pistoni da 34 mm, più una pinza posteriore più moderna per rendere la frenata più sicura ma rimane che il monodisco anteriore frena poco anche strizzando la leva al massimo, mentre il disco posteriore è poco modulabile. Con la “piccola” di casa HD non serve alzare troppo il ritmo e tirargli il collo, predilige i bassi-medi regimi che ti permettono di raggiungere subito la pace dei sensi forse anche troppo presto.

In conclusione questa piccola Iron 883, dal corpo attraente e aggressivo e dal cuore morbido e docile, mi ha convinto e fatto divertire. Non parliamo di emozioni forti, maschie e grandi velocità che possono venire da sorelle e cugine superiori, ma mi ha fatto riscoprire il piacere di stare in sella grazie ad una guida dinamica e armoniosa… non per niente strizza l’occhio al gentil sesso.




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