La Corte Europea di Strasburgo “condanna” l’Italia per la carcerazione di Provenzano
“Rispetto questa sentenza ma non la commento. Voglio sottolineare solo una cosa: il 41 bis non si tocca”. Così il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dopo che la corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per la vicenda Provenzano. “C’è una lunga storia di confronto con l’Europa – ha aggiunto – ma credo che gli altri Paesi abbiano solo da imparare dall’Italia sulla normativa antimafia”.
“La Corte Europea di Strasburgo ha ‘condannato’ l’Italia perché tenne in galera col carcere duro il ‘signor’ Provenzano, condannato a 20 ergastoli per decine di omicidi, fino alla sua morte. Ennesima dimostrazione dell’inutilità di questo ennesimo baraccone europeo. Per l’Italia decidono gli Italiani, non altri”. Lo dice il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
“Da Strasburgo neanche quando sono morti ci risparmiano di menzionarli, e ci ricordano i nostri aguzzini, caso mai cercassimo di dimenticarli” dice Giovanna Maggiani Chelli, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.
“Il Capo di Cosa nostra Provenzano avrebbe subito in Italia il torto di morire al 41 bis – afferma Maggiani Chelli- certo che è morto a 41 bis in ospedale; Strasburgo però il 41 bis lo voleva abolito sulla carta bollata come Cosa Nostra. E ora che si fa si risarciscono i familiari di Provenzano, mentre noi sputiamo l’anima per avere riconosciuti i nostri diritti in un processo civile? Dove era Strasburgo dei diritti dell’uomo la notte del 27 Maggio 1993 quando Provenzano ha mandato i suoi uomini a Firenze ad ammazzarci per far annullare il 41 bis, giusto sulla carta bollata? La Corte di Strasburgo ci offende, ci fa indignare mentre riconosce i diritti ai mafiosi post mortem e non batte un colpo sul fronte delle vittime di mafia. Ma di quali diritti stiamo parlando di quelli di Cosa Nostra?”.
TUTTO È PARTITO DALLA DENUNCIA DELLA FAMIGLIA
La Corte europea dei diritti umani aveva avviato l’esame del ricorso che la famiglia di Bernardo Provenzano, proprio nel giorno della morte. Il ricorso, in cui si denuncia la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che sancisce che nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene e trattamenti inumani e degradanti, era stato comunicato al governo italiano. Nel 2013 Strasburgo respinse la richiesta dell’avvocato di Provenzano, Rosalba Di Gregorio, di esigere dal governo italiano l’immediata scarcerazione del boss. Sul caso del carcere duro si era espressa anche nel febbraio del 2014 l’allora ministra della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, che non aveva ritenuto di accogliere la richiesta di revoca del 41 bis avanzata dai familiari di Provenzano”.
LEGALI PROVENZANO: “È STATA LOTTA PER I DIRITTI”
“Quella che abbiamo combattuto è stata una lotta per l’affermazione di un principio e cioè che applicare il carcereduro a chi non è più socialmente pericoloso si riduce ad una persecuzione” ha sottolineato l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del capomafia Bernardo Provenzano, commentando la decisione della Corte di Strasburgo di condannare l’Italia per avere sottoposto il boss ad un trattamento disumano mantenendolo al 41 bis nonostante fosse ridotto ad un vegetale. “A noi non interessava e non interessa un risarcimento ma soltanto l’affermazione di un principio contro prese di posizione assolutamente illegittime” ha aggiunto l’avvocato che, per anni, prima di arrivare ai giudici Strasburgo aveva chiesto la revoca del 41 bis e l’espiazione della pena in regime ordinario, alla magistratura di sorveglianza di Parma, Milano e Roma. Il legale ha perso la sua battaglia in tutte le sedi giudiziarie fino alla Cassazione e ha sancito confermando i verdetti precedenti, che in nessun altro luogo Provenzano avrebbe potuto ricevere cure migliori. Tutti gli ultimi ministri della Giustizia hanno rinnovato il 41 bis al capomafia, che diverse perizie avevano certificato essere incapace di assistere coscientemente ai processi. “Aspettiamo di leggere il provvedimento che ancora non ci è stato notificato perché la decisione è stata presa al termine di un procedimento camerale, ma da quanto ci hanno riferito la Cedu non avrebbe stabilito un risarcimento. Per noi era importante l’affermazione del principio, questa battaglia non aveva come fine l’ottenere risarcimenti monetari” ha concluso il legale.
“Se lo Stato risponde al sentimento di rancore delle persone, alla voglia di vendetta, lo fa a discapito del Diritto. Questo credo sia ciò che la Corte di Strasburgo ha affermato sul 41 bis applicato a mio padre dopo che era incapace di intendere e di volere” ha detto invece Angelo Provenzano, figlio del capomafia.
PARENTI DELLE VITTIME: “STRASBURGO CI OFFENDE”
“Da Strasburgo neanche quando sono morti ci risparmiano di menzionarli, e ci ricordano i nostri aguzzini, caso mai cercassimo di dimenticarli”. A dirlo è Giovanna Maggiani Chelli, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. “Il Capo di Cosa nostraProvenzano avrebbe subito in Italia il torto di morire al 41 bis – ha sottolineato Maggiani Chelli – certo che è morto a 41 bis in ospedale; Strasburgo però il 41 bis lo voleva abolito sulla carta bollata come Cosa Nostra. E ora che si fa si risarciscono i familiari di Provenzano, mentre noi sputiamo l’anima per avere riconosciuti i nostri diritti in un processo civile? Dove era Strasburgo dei diritti dell’uomo la notte del 27 Maggio 1993 quando Provenzano ha mandato i suoi uomini a Firenze ad ammazzarci per far annullare il 41 bis, giusto sulla carta bollata? La Corte di Strasburgo ci offende, ci fa indignare mentre riconosce i diritti ai mafiosi post mortum e non batte un colpo sul fronte delle vittime di mafia. Ma di quali diritti stiamo parlando di quelli di Cosa Nostra?”.